venerdì 24 ottobre 2014

I giovani d'oggi e il precariato emotivo: è davvero tutta colpa della crisi?

Se il futuro dei giovani d'oggi è incerto, una cosa può esser detta: i giovani non amano più.
Almeno, non liberamente.

La questione non si riduce alla ragione, seppur valida, per cui a maggiore condivisione telematica sta corrispondendo una minore compassione umana. Se è vero che la facilità di acquisire maggiori informazioni sugli altri ci ha reso diametralmente più indifferenti agli stessi, è vero anche che si è persa l'empatia nei confronti delle persone che ti trovi accanto da tempo, e non solo verso quelle dall'altra parte dello schermo.


E' tutta colpa, allora, del modus comunicandi della nostra era? Io non credo.
Più del pettegolezzo di Facebook, del cinguettio di Twitter, dell'egocentrismo di Instagram, una cosa sta profondamente cambiando i giovani nei loro rapporti sociali: la disoccupazione.
Ci hanno insegnato che il lavoro nobilita l'uomo e che compiere il lavoro che si ama è la migliore approssimazione di felicità sulla terra.
Ma cosa succede quando manca? Può il lavoro definire tutto ciò chi siamo?

Una recente indagine del sito "It's just a lunch", riportata dall'Huffington Post, mostra che se il 75% delle donne intervistate probabilmente non uscirebbe con un uomo che non lavora, la maggior parte degli uomini avrebbe difficoltà ad intraprendere una relazione seria in mancanza di una propria stabilità economica.
La donna vorrebbe accanto un uomo che sappia mantenerla e dimostrare impegno verso qualcosa, l'uomo non potrebbe mostrarsi vulnerabile di fronte ad una situazione di bisogno.
Lo spot dell'ultimo profumo col famoso attore di turno ci dice "Rimani concentrato. Sii uomo. Un uomo di successo. L'uomo di oggi."
Non costituisce tutto ciò un grande stereotipo? Si. Ma è reale.


E' antica quanto i dinosauri la creanza per cui un uomo non è abbastanza virile o forte se non ha un lavoro, se non lo ha di successo o se non è capace di prendersi cura economicamente della famiglia.
Quanto questo può influire, in termini di ansie, paure e responsabilità per un uomo disoccupato o precario?
Non è una esagerazione parlare di precariato emotivo. Alcuni psicoanalisti la chiamano addirittura anoressia sentimentale.
Il tempo di crisi diventa una ragione accettabile di egoismo ed individualismo, per cui se non si è "felici" lavoratori, non si può essere impegnati sentimentalmente. Insomma, l'uno esclude l'altro.  
Ecco che essere single diventa una comodità, una condizione di convenienza contro le troppe aspettative del compagno/a. Come se un lavoro non sia fatto delle stesse capacità di team building, di flessibilità costruttiva, di dialogo ed ascolto, che dovrebbero esistere all'interno di una coppia.
Come se spostarsi da un Paese all'altro porti a cambiamenti drastici di valori e sentimenti. Solitamente ciò che cambia è solo la gabbia, respirando lo stesso conformismo sotto lo stesso cielo.
Insomma, mantenere una relazione a lungo termine, potrebbe rivelarsi un impegno troppo grande, a dispetto degli ipotetici trasferimenti, traslochi, stage non retribuiti, programmi Erasmus Plus, scambi internazionali.
Insomma giovani, è davvero tutta colpa della crisi?


Ne parla bene Alessia Bottone, con una laurea, un blog, tanti stage sulle spalle, nel suo libro "Amore ai tempi dello stage. Manuale di sopravvivenza per coppie di precari", che spiega come la figura pericolosa dell'amante sia stata sostituita da quella della "Crisi".
"E' la crisi il terzo nella coppia, l'elemento che decide se è il caso o meno di continuare la storia." 

 Anche il palermitano Walter Giannò, nel suo libro "Amore precario", evidenzia in maniera tragicomica le spaventose dinamiche del precariato in cui si imbattono  i giovani d’oggi, nell’impossibilità di coltivare serenamente un futuro in una società arrugginita, malata.


Forse il detto "due cuori e una capanna" è eccessivo, ma è diventato così patetico/utopico credere nell'esistenza di persone che, nonostante le difficoltà, riescano a sorriderti gridando "Buongiorno principessa"?
Perchè se la vita è precaria non è detto che debbano esserlo anche le relazioni.


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