"You must be a woman and bear the agony of creating. Prove yourself. Be strong, be kind, be wise, and it is yours. Do not at the last moment lose courage. Argue wisely and quiety. Be more than woman." Katherine Mansfield
lunedì 22 ottobre 2012
No spam no party: le elezioni contro la legge sulla privacy
Quest'anno più che mai mi stupisce ciò che sta accadendo in maniera seriale da qualche settimana nella città di Catania e nel suo ambiente universitario, riflesso alle elezioni regionali del 28 ottobre.
Prima il caso Maria Elena Grassi, candidata alle regionali e indagata per l'invio di email elettorali agli studenti tramite un database in possesso dell’ateneo (i magistrati ipotizzano a vario titolo i reati di violazione del segreto d’ufficio e trattamento abusivo di dati personali per lei, suo figlio, Daniele Di Maria, e per il marito Nino Di Maria, dipendente dell’Ateneo di Catania).
Da pochi giorni invece si fa strada la notizia di un altro candidato, Giacomo Bellavia, che, come denunziato da vari studenti, avrebbe inviato materiale elettorale a indirizzi civici acquisiti non tramite liste pubbliche ma database universitario.
Allego 2 articoli per far capire nel dettaglio le vicende di cui sopra.
http://www.movimentostudentesco.org/politica/notizia/email-agli-studenti-la-grassi-ritira-la-candidatura
http://www.movimentostudentesco.org/politica/notizia/propaganda-elettorale-casa-degli-studenti-da-dove-ha-preso-i-dati-bellavia
Ciò di cui rendo noto io stasera riguarda sempre il signor Giacomo Bellavia, o meglio i suoi sostenitori politici, nonchè miei colleghi della facoltà di Giurisprudenza (come fu, un tempo, lo stesso candidato), studenti che tramite indirizzi email acquisiti all'interno di forum della facoltà (atti a mera ricerca di appunti o libri) inviano ampio materiale propagandistico.
L'accesso al forum, Studenti Giurisprudenza Unict, richiede email (garantita come) "rigorosamente privata" e password, senza domanda di autorizzazione al trattamento per fini propagandistici.
Ora rinviare alle norme sulla garanzia della privacy sembra banale, ma quanto mai decisivo:
"Chi effettua propaganda elettorale tramite fax, telefono cellulare, e-mail ha l’obbligo di dare l’informativa ai cittadini e acquisirne il consenso prima di qualsiasi comunicazione.
L’uso dei numeri dei cellulari per l’invio di messaggi Sms e Mms è vietato senza il consenso preventivo e informato dell’abbonato o del reale utilizzatore della scheda prepagata.
Allo stesso regime sottostanno gli indirizzi e-mail i quali, come sottolineato più volte dal Garante, non rientrano tra le fonti pubbliche utilizzabili liberamente ma recano dati personali da trattare nel rispetto della normativa sulla privacy.
E’ quindi illecito il loro uso senza consenso preventivo dell’abbonato, indipendentemente dalle modalità del reperimento degli indirizzi di posta elettronica in Internet (forum, newsgroup, software automatici)."
Nella mail ricevuta leggo: "E' dunque giunto il momento che siano i cittadini a dire addio alla vecchia politica e si impegnino a votare e sostenere dirigenti nuovi, giovani ma soprattutto onesti e in grado di anteporre l'interesse della collettività al proprio sporco interesse personale."
Ora, al di là delle considerazioni politiche da cui mi astengo fortemente e che ovviamente non sono la ratio di questa contestazione, non posso non domandarmi come un soggetto si proponga o venga descritto in grado di anteporre l'interesse collettivo, quando in primis i suoi sostenitori ledono lo stumento che per eccellenza dovrebbe garantirlo e proteggerlo, la legge.
Mi rendo conto non solo di non poter vivere e usare i miei strumenti da cittadina e studentessa senza essere lesa nei miei diritti alla riservatezza, ma anche di quanto la legge, paradossalmente anche tra aspiranti "giuristi", sia semplice carta straccia.
venerdì 25 maggio 2012
Lecce, candidata a Capitale Europea dei Giovani, con un sindaco inappropriato
Lecce si candida a diventare la
Capitale europea dei giovani nel 2015, grazie all’iniziativa
“Capitale Europea dei Giovani (EYC)”. Il titolo di Capitale
europea dei giovani viene assegnato ad una città Europea per il
periodo di un anno, durante il quale verrà data la possibilità di
promuovere programmi in favore dei giovani ed il territorio.
Il Servizio
Politiche Giovanili del Comune di Lecce sosterrà ciò anche per
favorire l’ accesso al lavoro con particolare attenzione
all’imprenditoria giovanile. “Lecce Capitale Europea dei
Giovani? Why not! - si legge nella nota ufficiale diffusa dal
settore Politiche giovanili del Comune di Lecce - A ben pensarci
abbiamo proprio tutto: una cultura fiorente, una posizione geografica
che ci rende frontiera e allo stesso tempo ponte tra l’Europa e il
mediterraneo, le energie esplosive dei giovani che animano il
territorio con eventi, idee, azioni, e, perché no, reazioni. La
candidatura della Città di Lecce a “Capitale Europea dei Giovani
2015” intende anche promuovere la nostra Città come un luogo dove
si rappresenta il sistema regionale delle eccellenze nelle politiche
giovanili, in cui i giovani sono una risorsa, un talento, energia
pura e serbatoio di idee innovative: l’oro del Salento e della
Puglia.”
E' vero che ciò rappresenterebbe una
grande opportunità per auspicare lo sviluppo dell’imprenditoria
giovanile, delle politiche sociali e dell’associazionismo; d'altra
parte non mancano le contestazioni di chi vede tutto ciò un
semplice pretesto pubblicitario, “l’organizzazione
di demagogiche e populistiche adunate, a poche settimane dalle
elezioni”, come afferma il consigliere Wojtek
Pankiewicz.
Proteste che non si fermano a maggior ragione, e che fanno nascere un po' di incertezze, nel momento in cui la città di Lecce si ritrova candidato alle elezioni l'ex sindaco Paolo Perrone, che sorprendentemente riafferma la sua carica con un consenso schiacciante del 64,3% dei voti.
Il
problema nasce quando quest'ultimo ha usato sul web, in maniera
“ironica”dice lui, un manifesto elettorale non poco opinabile.
E'
giusto che i giovani vengano considerati “motore per far ripartire
Lecce, l’Italia, l’Europa” (come conclude la nota), ma
con un sindaco così?!
mercoledì 23 maggio 2012
Lettera a Repubblica.it e al suo "colonnino infame"
Facebook a volte serve a qualcosa, e in questo caso l'utilità sta nell'aggregazione e condivisione di idee. Per questo motivo faccio parte di un gruppo chiamato “La pubblicità sessista offende tutti” e proprio al suo interno è nata un'interessante iniziativa, grazie soprattutto all'impegno di Annamaria Arlotta: scrivere a Repubblica per protestare contro il “colonnino infame”. Quest'ultimo è il famoso spazio "gossippario" in cui le protagoniste sono rigorosamente le donne patinate del mondo dello spettacolo e, soprattutto, le loro "qualità fisiche", esalatate e riproposte all'ennesima potenza.
Oggi, 23 maggio, ad esempio, le star indiscusse sono Belen, Bar Rafaeli e Cameron Diaz.
Per fermare questa banalità non sono state solo inviate lettere di disappunto ma anche la proposta costruttiva di sostituire le protagoniste con storie, interviste, faccie di ragazze e giovani donne, le cui vite sono interessanti non per il proprio fisico ma per i progetti e gli impegni validi che portano avanti.
Vi ripropongo quindi la lettera, già inviata, nella quale sono inseriti articoli riguardanti donne così forti da espugnare il "colonnino infame". Almeno questo è quello che spero.
Gentile dott. Mauro,
le scriviamo per invitare la sua redazione a prendere una posizione progressista nella rappresentazione della donna di oggi, inserendo tra gli articoli resoconti di vite di giovani donne la cui professionalità non abbia nulla a che fare con gli ambienti dello spettacolo e della moda.
Le storie di donne che il suo giornale racconta riguardano per lo più figure di attrici, cantanti e modelle: fisico attraente e glamour costituiscono un elemento di attrazione per il lettore. Ma il costante ricorso alla scorciatoia del sex appeal fa sì che le altre figure di giovani donne dalla vita interessante e il cui impegno non ha nulla a che fare con l’apparire siano completamente ignorate. Ne consegue che nell’immaginario collettivo si rafforza lo stereotipo della figura della donna il cui valore poggia sull’essere bella, ricca e famosa.
Vi invitiamo a considerare l’idea di pubblicare articoli che trattino delle “altre” giovani donne che conducono una vita interessante. Recentemente su Repubblica D è apparso un articolo su alcuni giovani ricercatori che studiano i coralli alle Maldive: intervistando una di quelle ragazze si potrebbe offrire lo spaccato di un’esperienza diversa dal solito e affascinante.
In pubblicità, nei video musicali, in televisione, nelle notizie di cronaca degli ultimi anni, perfino nelle ricerche di immagini su Google il modello femminile è talmente incentrato sull’aspetto esteriore che pensando alla parola “donna” dobbiamo tutti sforzarci per immaginare vite e carriere brillanti basate su un forte impegno a livello di studio e di sacrifici.
Poiché nessuno ne parla, è difficile anche trovare delle fonti. Di seguito presentiamo alcuni spunti, dalla ricercatrice di fama che ha deciso di tornare in Italia alle ragazze che studiano all’estero:
http://www.viviateneo.it/
http://
http://
Altre idee: esaltare la capacità di inventiva e l’originalità, come in questo esempio di gestione di una falegnameria di successo:
http://
Siamo certi che riuscireste comunque voi ad individuare le esperienze più affascinanti da riportare.
Ci auguriamo che considererete la nostra proposta con interesse e vorrete contribuire a formare una visione della donna di oggi rispettosa della ricchezza della sua persona.
Ringraziamo dell’attenzione e restiamo in attesa di una vostra risposta.
Annamaria Arlotta
Fanio Giannetto
Marina Convertino
Alessandra Stacchini
Adriano Colafrancesco
Caterina Mion
Margherita Fina
Daura Sorrentino
Domenico Levi
Vittoria Pagliuca
Barbara Giorgi
Rosi Guerino
Enrico Serpico
Tommasa Bertolino
Sara Burani
Michela Bianca Enne
Chiara Saiani
Agnese Orlandini
Irene Venditti
Maria Grazia Verderame
Emanuele Ludovico Sigurtà
Lara Alexandra Babitcheff
Erica Gazzoldi Favalli
Manuela Fisichella
Gilda Sessi
Angela Firpo
Roberta Zappalà
Veronica Farris
del gruppo “La pubblicità sessista offende tutti”
http://www.facebook.com/
mercoledì 9 maggio 2012
Chiara, studentessa e ragazza madre: “Sarebbe questo l'aiuto della Facoltà e dello Stato?”
Riporto una storia curata da me su ViviAteneo.it
Chiara è una studentessa di 24 anni, con una laurea triennale alle spalle e una laurea specialistica in itinere. Combatte ogni giorno con un pensiero in più: il futuro suo e di suo figlio di 5 anni.Chiara fa parte di quelle ragazze madri dimenticate e per nulla tutelate né dal punto di vista universitario, né dal punto di vista statale. Due istituzioni che non rispondono ad una cittadina, anzi a due.
Ecco cosa ci ha raccontato.
“Tante volte si è parlato del problema delle “ragazze madri”. Ma vi siete mai chiesti cosa comporti veramente essere una ragazza madre? Vi racconto la mia storia: sono Chiara ho 24 anni, mio figlio si chiama Stefano ed ha 5 anni. Rimasi incinta a 18 anni. Ovviamente ero spaventata perché sentivo di dover affrontare una cosa più grande di me, che non avevo programmato e che avrebbe sconvolto la mia vita. All'inizio ero molto confusa su quale sarebbe stata la mia decisione, ma, alla fine, aiutata e capita anche dalla mia famiglia, ho deciso di tenere questa creatura.
Volevo continuare a studiare perché volevo pensare al mio futuro e soprattutto a quello di mio figlio. Così, incinta, iniziai a studiare per entrare alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Catania. Era sempre stato il mio sogno diventare medico, forse per emulare mio padre che per me è sempre stato un medico eccellente e un padre quasi perfetto. Provai i test di ingresso per Medicina incinta di 7 mesi e, visto che comunque avevo così voglia di studiare e sapevo che entrare in Medicina sarebbe stato molto difficile, visto il numero di partecipanti ed i posti disponibili così esigui, provai anche il test per Professioni Sanitarie.
Quando uscirono i risultati ero stata ammessa sia alla facoltà di Medicina (ma nel polo di Ragusa) sia alla facoltà di Ostetricia. Purtroppo le mie condizioni non mi permettevano di spostarmi a Ragusa per seguire le lezioni, così chiesi se fosse possibile farmi seguire le lezioni a Catania per poi andare a Ragusa. Inizialmente mi dissero che non sarebbe stato un problema e che dovevo subito finire le pratiche per l'iscrizione in Medicina e aspettare che avvenisse il cambio del Preside di Facoltà, facendomi capire che la questione era assolutamente e sicuramente possibile. Così completai le carte per l'iscrizione in Medicina rinunciando ad accedere ad Ostetricia.
Ma come succede spesso e volentieri quando le cose sono solo dette e non scritte, tutto diventa relativo. Andai a parlare con il nuovo Preside, il quale pur vedendo che ero ormai quasi al nono mese di gravidanza, mi disse che non poteva creare un precedente e che sarei dovuta andare a Ragusa.
Mi sentii presa in giro, e vidi quante insensibilità c'era di fronte anche ad una ragazza che aveva avuto la forza di portare avanti una gravidanza indesiderata e che pero' aveva ancora voglia di credere nei suoi sogni e progetti. Fui molto combattuta sul da farsi, perché mi sentivo incastrata tra due fuochi: pensare solo a me e quindi affidare completamente ai miei genitori mio figlio, oppure rinunciare e stare vicino al bambino. Alla fine l'istinto materno ebbe la meglio, rinunciai a Medicina e mi iscrissi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, cambiando completamente strada e cercando di raggiungere un nuovo obiettivo. Era davvero un'altra vita, ma almeno sarei stata vicino a mio figlio.
Riuscii a laurearmi alla triennale in 4 anni, ed adesso sono al primo anno di Magistrale in Filologia Moderna.
In 5 anni però mi sono resa conto che le agevolazioni per una ragazza madre sono veramente inesistenti. Per quanto riguarda la prima rata delle tasse universitarie, avevo diritto solo all'esonero sul contributo regionale, cioè 70-80 euro l'anno (una vera presa in giro), ed inoltre, adesso che mio figlio ha 5 anni, non ho neanche più diritto alle minime detrazioni che avevo nella seconda rata e che si sono mostrate variabili negli anni (senza una reale spiegazione dei criteri adottati). Io mi chiedo perché devo aver diritto all'esonero fino a quando il bambino non ha raggiunto 5 anni? Dopo cosa succede? Non ho sempre a carico un bambino? Anzi più cresce più ha bisogno di sostentamento economico!
Per quel che mi riguarda, sono stata fortunata perché ho avuto sempre la mia famiglia che ha mantenuto sia me che mio figlio; ma nel momento in cui fossi stata sola e avessi dovuto lavorare per mantenermi, pur volendo ancora studiare, questa sarebbe stato tutto l'aiuto che la Facoltà, l'Università e lo Stato mi avrebbe dato? Sulla carta, dovremmo ricevere sostegni da parte del Comune di residenza e dai relativi Servizi Sociali, ma materialmente non esistono sussidi. Invece di premiare una scelta coraggiosa come questa, sembra che non si faccia altro che punire un errore. Con questo non voglio dire che sia impossibile riuscire contemporaneamente a lavorare, studiare e fare la madre, anzi ammiro molto le ragazze che, in condizioni più critiche delle mie, riescono a laurearsi, ottenere risultati a lavoro e saper fare la madre; ma quello che voglio evidenziare raccontando la mia storia, è la totale mancanza di interesse da parte dello Stato nei confronti della categoria delle ragazze madri. Invito quindi a chi come ha avuto questa esperienza di raccontarla e di combattere per i nostri diritti! In un modo maschilista come il nostro, siamo sempre noi donne che dobbiamo alzare la voce, non solo come lavoratrici ma anche come madri!”
Chiara è una studentessa di 24 anni, con una laurea triennale alle spalle e una laurea specialistica in itinere. Combatte ogni giorno con un pensiero in più: il futuro suo e di suo figlio di 5 anni.Chiara fa parte di quelle ragazze madri dimenticate e per nulla tutelate né dal punto di vista universitario, né dal punto di vista statale. Due istituzioni che non rispondono ad una cittadina, anzi a due.
Ecco cosa ci ha raccontato.
“Tante volte si è parlato del problema delle “ragazze madri”. Ma vi siete mai chiesti cosa comporti veramente essere una ragazza madre? Vi racconto la mia storia: sono Chiara ho 24 anni, mio figlio si chiama Stefano ed ha 5 anni. Rimasi incinta a 18 anni. Ovviamente ero spaventata perché sentivo di dover affrontare una cosa più grande di me, che non avevo programmato e che avrebbe sconvolto la mia vita. All'inizio ero molto confusa su quale sarebbe stata la mia decisione, ma, alla fine, aiutata e capita anche dalla mia famiglia, ho deciso di tenere questa creatura.
Volevo continuare a studiare perché volevo pensare al mio futuro e soprattutto a quello di mio figlio. Così, incinta, iniziai a studiare per entrare alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Catania. Era sempre stato il mio sogno diventare medico, forse per emulare mio padre che per me è sempre stato un medico eccellente e un padre quasi perfetto. Provai i test di ingresso per Medicina incinta di 7 mesi e, visto che comunque avevo così voglia di studiare e sapevo che entrare in Medicina sarebbe stato molto difficile, visto il numero di partecipanti ed i posti disponibili così esigui, provai anche il test per Professioni Sanitarie.
Quando uscirono i risultati ero stata ammessa sia alla facoltà di Medicina (ma nel polo di Ragusa) sia alla facoltà di Ostetricia. Purtroppo le mie condizioni non mi permettevano di spostarmi a Ragusa per seguire le lezioni, così chiesi se fosse possibile farmi seguire le lezioni a Catania per poi andare a Ragusa. Inizialmente mi dissero che non sarebbe stato un problema e che dovevo subito finire le pratiche per l'iscrizione in Medicina e aspettare che avvenisse il cambio del Preside di Facoltà, facendomi capire che la questione era assolutamente e sicuramente possibile. Così completai le carte per l'iscrizione in Medicina rinunciando ad accedere ad Ostetricia.
Ma come succede spesso e volentieri quando le cose sono solo dette e non scritte, tutto diventa relativo. Andai a parlare con il nuovo Preside, il quale pur vedendo che ero ormai quasi al nono mese di gravidanza, mi disse che non poteva creare un precedente e che sarei dovuta andare a Ragusa.
Mi sentii presa in giro, e vidi quante insensibilità c'era di fronte anche ad una ragazza che aveva avuto la forza di portare avanti una gravidanza indesiderata e che pero' aveva ancora voglia di credere nei suoi sogni e progetti. Fui molto combattuta sul da farsi, perché mi sentivo incastrata tra due fuochi: pensare solo a me e quindi affidare completamente ai miei genitori mio figlio, oppure rinunciare e stare vicino al bambino. Alla fine l'istinto materno ebbe la meglio, rinunciai a Medicina e mi iscrissi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, cambiando completamente strada e cercando di raggiungere un nuovo obiettivo. Era davvero un'altra vita, ma almeno sarei stata vicino a mio figlio.
Riuscii a laurearmi alla triennale in 4 anni, ed adesso sono al primo anno di Magistrale in Filologia Moderna.
In 5 anni però mi sono resa conto che le agevolazioni per una ragazza madre sono veramente inesistenti. Per quanto riguarda la prima rata delle tasse universitarie, avevo diritto solo all'esonero sul contributo regionale, cioè 70-80 euro l'anno (una vera presa in giro), ed inoltre, adesso che mio figlio ha 5 anni, non ho neanche più diritto alle minime detrazioni che avevo nella seconda rata e che si sono mostrate variabili negli anni (senza una reale spiegazione dei criteri adottati). Io mi chiedo perché devo aver diritto all'esonero fino a quando il bambino non ha raggiunto 5 anni? Dopo cosa succede? Non ho sempre a carico un bambino? Anzi più cresce più ha bisogno di sostentamento economico!
Per quel che mi riguarda, sono stata fortunata perché ho avuto sempre la mia famiglia che ha mantenuto sia me che mio figlio; ma nel momento in cui fossi stata sola e avessi dovuto lavorare per mantenermi, pur volendo ancora studiare, questa sarebbe stato tutto l'aiuto che la Facoltà, l'Università e lo Stato mi avrebbe dato? Sulla carta, dovremmo ricevere sostegni da parte del Comune di residenza e dai relativi Servizi Sociali, ma materialmente non esistono sussidi. Invece di premiare una scelta coraggiosa come questa, sembra che non si faccia altro che punire un errore. Con questo non voglio dire che sia impossibile riuscire contemporaneamente a lavorare, studiare e fare la madre, anzi ammiro molto le ragazze che, in condizioni più critiche delle mie, riescono a laurearsi, ottenere risultati a lavoro e saper fare la madre; ma quello che voglio evidenziare raccontando la mia storia, è la totale mancanza di interesse da parte dello Stato nei confronti della categoria delle ragazze madri. Invito quindi a chi come ha avuto questa esperienza di raccontarla e di combattere per i nostri diritti! In un modo maschilista come il nostro, siamo sempre noi donne che dobbiamo alzare la voce, non solo come lavoratrici ma anche come madri!”
giovedì 5 aprile 2012
La falsa dicotomia Grasse vs Magre. Post controcorrente di una magra non per scelta
Oggi fa notizia parlare del problema dell'anoressia e di quanto la magrezza sia celebrata come status fisico da raggiungere a tutti i costi. Sentir trattare l'argomento da parte dei variegati media e dai salottini televisivi, d'altra parte, è qualcosa ormai di tanto prevedibile quanto poco deterrente. Non credo efficace, anzi, quanto mai contraddittorio, farsi, allo stesso tempo, portavoce di un problema "esistenziale" e contenitore di immagini che ne incoraggino la diffusione.
Ma non voglio parlare della solita questione dello sfruttamento della figura femminile nel mondo patinato, che resta di mio interesse, ma che è stato egregiamente trattato in tutti i suoi riflessi da esperti e anche sotto forma di documentari (vedi Il corpo delle donne e Miss Representation).
Oggi mi piacerebbe fornire un punto di vista diverso. Il punto di vista di una magra non per scelta.
Proveniente da una famiglia di "filiformi", la mia forma fisica si è sempre mantenuta esile. Considerata una fortuna per la maggior parte delle mie amiche, io non le ho mai prestato tanta attenzione, così come non presti attenzione ai centimetri in più dei capelli o di un'unghia della mano più corta dell'altra.
Tu mi dirai "Vabè dici questo perchè hai la fortuna di essere così DI COSTITUZIONE!"
Se avessi avuto 1 euro per tutte le volte in cui mi sono sentita dire questa frase...
Ciò che preoccupa, infatti, è l'ottica da cui si parte, che dà per scontato che la magrezza sia uno status "presuntivamente giusto" e, per tal motivo, da ricercare e ottenere.
Ma non voglio parlare della solita questione dello sfruttamento della figura femminile nel mondo patinato, che resta di mio interesse, ma che è stato egregiamente trattato in tutti i suoi riflessi da esperti e anche sotto forma di documentari (vedi Il corpo delle donne e Miss Representation).
Oggi mi piacerebbe fornire un punto di vista diverso. Il punto di vista di una magra non per scelta.
Proveniente da una famiglia di "filiformi", la mia forma fisica si è sempre mantenuta esile. Considerata una fortuna per la maggior parte delle mie amiche, io non le ho mai prestato tanta attenzione, così come non presti attenzione ai centimetri in più dei capelli o di un'unghia della mano più corta dell'altra.
Tu mi dirai "Vabè dici questo perchè hai la fortuna di essere così DI COSTITUZIONE!"
Se avessi avuto 1 euro per tutte le volte in cui mi sono sentita dire questa frase...
Ciò che preoccupa, infatti, è l'ottica da cui si parte, che dà per scontato che la magrezza sia uno status "presuntivamente giusto" e, per tal motivo, da ricercare e ottenere.
Da qui discorsi e considerazioni omogeneizzanti che, se vengono condannati perchè contro ragazze in carne, si spendono a iosa invece per quelle esili. Ad esempio, perchè la generalizzazione nel dire "magre" non è considerato imbarazzante o indelicato come quella nei confronti delle "grasse"?
Riprendo, a tal proposito, come spunto un'affermazione di una mia "following" di Twitter (che in quanto tale cattura positivamente e spesso la mia attenzione) la quale, con la buona fede e la giusta leggerezza del caso, twitta : "Alle magre stanno bene anche le maglie sporche#ingiustizie".
La frase, presa a sè, strappa un sorriso e nulla più, per cui la mia riflessione non nasce da questo ma da tanti altri episodi incontrati negli anni.
Il fatto di considerare "la magra" come soggetto impeccabile che, grazie alla sua esilità, riesce a far passare in secondo piano qualsiasi palese difetto, come una maglietta sporca o bucata, costituisce, a mio parere, un pensiero non solo erroneo ma anche fuorviante, soprattutto se accompagnato dalla convinzione che le magre sono quel "fascio d'erba" che causa ingiustizie del genere.
Riprendo, a tal proposito, come spunto un'affermazione di una mia "following" di Twitter (che in quanto tale cattura positivamente e spesso la mia attenzione) la quale, con la buona fede e la giusta leggerezza del caso, twitta : "Alle magre stanno bene anche le maglie sporche
La frase, presa a sè, strappa un sorriso e nulla più, per cui la mia riflessione non nasce da questo ma da tanti altri episodi incontrati negli anni.
Il fatto di considerare "la magra" come soggetto impeccabile che, grazie alla sua esilità, riesce a far passare in secondo piano qualsiasi palese difetto, come una maglietta sporca o bucata, costituisce, a mio parere, un pensiero non solo erroneo ma anche fuorviante, soprattutto se accompagnato dalla convinzione che le magre sono quel "fascio d'erba" che causa ingiustizie del genere.
Spesso, proprio per quei pregiudizi e per quella sottovalutata mancanza di "sensibilità" nei confronti dei magri, non ci si rende conto che una corporatura esile, così come una abbondante, a volte possa esser frutto anche di disfunzioni fisiche, allergie o intolleranze, lontane dal cattivo mondo dei disturbi alimentari.
La mia personale condizione fisica, ad esempio,è dovuta non solo ad un metabolismo da Formula 1 (che mi porta a mangiare, al contrario di quanto si possa giudicare, almeno 6 volte al giorno), ma anche ad un'irritabilità intestinale e ad un'intolleranza al lattosio che di certo non mi permettono grandi sfizi.
Ho uno stomaco più sensibile dei miei occhi alla vista di una puntata di Grey's Anatomy, e di un neonato che inizia a mettere i primi dentini. Raccapricciante vero?
Ad ogni modo, il web è oramai un enorme contenitore di post, link e relativi commenti, dove si esorta il mondo femminile a tenere giustamente le proprie curve. Il problema sorge quando si aggiunge il termine di paragone, LE magre, QUELLE magre, le quali, giusto per rafforzare il motto dell'accettarsi così come si è, vengono apostrafate come "grissini", "manici di scopa", "stuzzicadenti" e quant'altro. Antagoniste inconsapevoli di un film da loro neanche contemplato.
Una delle più divertenti? "Almeno il mio ragazzo ha qualcosa da toccare."
Qui non solo si riduce tutto, come al solito, ad una questione di piacere agli altri e non a sé stessi, ma oltretutto si fa finta di accettare se stessi solo andando contro qualcunaltro.
L'esempio lampante si ha con la nascita di programmi come Grassicontromagri di Sky, che mi riservo di non commentare; o di slogan (poco efficaci a mio avviso) come "Ciao magre", sempre a rappresentare la banale dicotomia magre-grasse, volta quasi a demonizzare il magro come malato.
Ma avete mai pensato al punto di vista di una magra? Esser magri significa, in alcuni casi, sentirsi dire di continuo in maniera commiserevole "Ma sei sicura di mangiare? Ma ti sei messa a dieta? Ma vuoi fare la modella?"
La mia personale condizione fisica, ad esempio,è dovuta non solo ad un metabolismo da Formula 1 (che mi porta a mangiare, al contrario di quanto si possa giudicare, almeno 6 volte al giorno), ma anche ad un'irritabilità intestinale e ad un'intolleranza al lattosio che di certo non mi permettono grandi sfizi.
Ho uno stomaco più sensibile dei miei occhi alla vista di una puntata di Grey's Anatomy, e di un neonato che inizia a mettere i primi dentini. Raccapricciante vero?
Ad ogni modo, il web è oramai un enorme contenitore di post, link e relativi commenti, dove si esorta il mondo femminile a tenere giustamente le proprie curve. Il problema sorge quando si aggiunge il termine di paragone, LE magre, QUELLE magre, le quali, giusto per rafforzare il motto dell'accettarsi così come si è, vengono apostrafate come "grissini", "manici di scopa", "stuzzicadenti" e quant'altro. Antagoniste inconsapevoli di un film da loro neanche contemplato.
Una delle più divertenti? "Almeno il mio ragazzo ha qualcosa da toccare."
Qui non solo si riduce tutto, come al solito, ad una questione di piacere agli altri e non a sé stessi, ma oltretutto si fa finta di accettare se stessi solo andando contro qualcunaltro.
L'esempio lampante si ha con la nascita di programmi come Grassicontromagri di Sky, che mi riservo di non commentare; o di slogan (poco efficaci a mio avviso) come "Ciao magre", sempre a rappresentare la banale dicotomia magre-grasse, volta quasi a demonizzare il magro come malato.
Ma avete mai pensato al punto di vista di una magra? Esser magri significa, in alcuni casi, sentirsi dire di continuo in maniera commiserevole "Ma sei sicura di mangiare? Ma ti sei messa a dieta? Ma vuoi fare la modella?"
Ora, per quale motivo, se ho una corporatura esile, devo venire considerata come una con disturbi alimentari e aspirazioni da modella? Non è questo stesso un pregiudizio? Poi in terra sicula...
Una volta, al liceo, nel bagno delle fanciulle, una ragazza che non conoscevo mi chiese se vomitavo per essere così magra. Non capii se volesse ferirmi o avesse bisogno di un consiglio. Io, ad ogni modo, me la risi di gusto.
E sbagliate a credere che sia solo una domanda da giovinette sciocche, perchè mi accadde la stessa cosa qualche anno fa, ad un rifornimento di benzina. La gentil confidenza della gente non ha mai fine.
Ora, perchè non sentiamo, allo stesso modo, frasi del tipo Ma sei sicura di mangiar poco? Ma perchè non ti metti a dieta?
Una volta, al liceo, nel bagno delle fanciulle, una ragazza che non conoscevo mi chiese se vomitavo per essere così magra. Non capii se volesse ferirmi o avesse bisogno di un consiglio. Io, ad ogni modo, me la risi di gusto.
E sbagliate a credere che sia solo una domanda da giovinette sciocche, perchè mi accadde la stessa cosa qualche anno fa, ad un rifornimento di benzina. La gentil confidenza della gente non ha mai fine.
Ora, perchè non sentiamo, allo stesso modo, frasi del tipo Ma sei sicura di mangiar poco? Ma perchè non ti metti a dieta?
E' ovvio che certe esclamazioni farebbero di te una persona insensibile e inopportuna. Ma perchè nel caso inverso, il caso di una magra, non c'è pudore nell'invadere il campo intimo di una persona e della sua nutrizione quotidiana, che anzi diventa alla portata di tutti, alla portata di chiunque abbia voglia di vestire i panni da psicologo o da buon samaritano?
Il punto è che ormai, purtroppo, i media, il mondo, la "cultura" odierna, ci hanno insegnato questo: il modello normale, ordinario, e quindi giusto, è quello taglia 40-42, al di là di come lo si ottiene. Esserci dentro equivale ad essere una "fortunata" e, per tal motivo, una mancanza di delicatezza o bonton altrui è sempre perdonabile.
Sarò anche una magra atipica e forse, una vita fa, ero incarnata nel corpo di Queen Latifah, ma, per quanto mi riguarda, posso dire che:
1: Devo prendere delle pillole noiose e fastidiose per digerire un elemento come il lattosio, semplice e onnipresente. Ogni chilo preso è un giorno di festeggiamento.
2: Se avessi potuto, avrei sostituito molto volentieri la sindrome da "fame nervosa" per la sindrome a causa della quale, per un filo di nervi, puoi usare il tuo stomaco come arpa di un'orchestra sinfonica.
3: In questo modo avrei potuto benissimo usare tutti i soldi spesi tra i vari medici e medicinali, per comprare orgogliosamente tonnellate di cioccolato fondente.
4: Allo stesso modo avrei potuto urlare "Grasso è bello" con la stessa convinzione con cui lo credo adesso, ma senza essere guardata come una che sa di vincere facile.
5: And last but not least, il mio ragazzo è così creativo che, alla fine, non si sa come, qualcosa da toccare la trova.
Il punto è che ormai, purtroppo, i media, il mondo, la "cultura" odierna, ci hanno insegnato questo: il modello normale, ordinario, e quindi giusto, è quello taglia 40-42, al di là di come lo si ottiene. Esserci dentro equivale ad essere una "fortunata" e, per tal motivo, una mancanza di delicatezza o bonton altrui è sempre perdonabile.
Sarò anche una magra atipica e forse, una vita fa, ero incarnata nel corpo di Queen Latifah, ma, per quanto mi riguarda, posso dire che:
1: Devo prendere delle pillole noiose e fastidiose per digerire un elemento come il lattosio, semplice e onnipresente. Ogni chilo preso è un giorno di festeggiamento.
2: Se avessi potuto, avrei sostituito molto volentieri la sindrome da "fame nervosa" per la sindrome a causa della quale, per un filo di nervi, puoi usare il tuo stomaco come arpa di un'orchestra sinfonica.
3: In questo modo avrei potuto benissimo usare tutti i soldi spesi tra i vari medici e medicinali, per comprare orgogliosamente tonnellate di cioccolato fondente.
4: Allo stesso modo avrei potuto urlare "Grasso è bello" con la stessa convinzione con cui lo credo adesso, ma senza essere guardata come una che sa di vincere facile.
5: And last but not least, il mio ragazzo è così creativo che, alla fine, non si sa come, qualcosa da toccare la trova.
venerdì 9 marzo 2012
Piccole miss crescono: da Little Miss America a Miss Venezuela
Ci eravamo lasciati col favoloso mondo delle piccole reginette di bellezza.
E storpiando un po' un famoso libro della
Alcott, potremmo dire “Piccole miss
crescono”.
-Come?
-Così!
Questo è il mondo di Miss
Venezuela, concorso talmente importante che
viene riportato all'interno delle attività tradizionali culturali
caratteristiche di questo paese. Si parla di una vera e propria
fabbrica delle Miss,
un'industria diventata pure
materia di studio in certe Università.
Il patron di 'Miss
Venezuela', il signor Osmel
Sousa,
è riuscito a trasformare un concorso frivolo in un movimento
di massa e di capitale, un
business dove banche concedono prestiti e mutui speciali. Se in
Italia non si aspetta altro che la partita dell'Italia ai Mondiali,
in Venezuela il patriottismo si spende con il corpo delle
connazionali e il concorso Miss Venezuela é uno dei programmi
televisi piú seguiti in funzione del successivo Miss Universo.
Tante
partecipanti a questo concorso sono sbarcate nel nostro paese in
cerca di fortuna e, chissà come mai, l'hanno trovata subito in
proposte di calendari sensuali adatti alle loro stupende misure
artefatte. Tre nomi su tanti sono Aida
Yespica,
Ainett Stephens e Jennifer Rodriguez,
tutte conosciute nel nostro mondo patinato e anche in quello della
chirurgia estetica.
La
Rodriguez, ad esempio, intervistata qualche anno fa da Daria
Bignardi
alle Invasioni
Barbariche, si confessa dicendo che tutte le partecipanti durante il concorso si
sottoponevano a vari interventi di correzione, vivamente “consigliati”
per evitare di veder ridotte le probabilità di vittoria.
Il tema tocca anche la politica, soprattutto il Presidente Hugo Chavez che lo ricordiamo esclamare: “Fumo, alcol e seni finti! Sono queste le piaghe del paese”, scagliandosi contro un modello sociale di donna che spinge le proprie connazionali a "rifarsi" per risolvere le proprie infelicità, sempre e comunque, anche durante la pausa pranzo ( il cosidetto "brunchlift"- non è una mia invenzione, esiste davvero!)
Effettivamente il socialista non sbaglia molto affermando, con una citazione di ispirazione marxista, che “il silicone è il nuovo oppio dei popoli”.
Espressione di uno dei problemi più preoccupanti del nuovo millennio, i disturbi narcisistici e le nevrosi non sono più affrontate dallo psicologo, bensì dal chirurgo; non sono espiantate dall'interno ma solo stuccate fittiziamente dall'esterno.
Il tema tocca anche la politica, soprattutto il Presidente Hugo Chavez che lo ricordiamo esclamare: “Fumo, alcol e seni finti! Sono queste le piaghe del paese”, scagliandosi contro un modello sociale di donna che spinge le proprie connazionali a "rifarsi" per risolvere le proprie infelicità, sempre e comunque, anche durante la pausa pranzo ( il cosidetto "brunchlift"- non è una mia invenzione, esiste davvero!)
Effettivamente il socialista non sbaglia molto affermando, con una citazione di ispirazione marxista, che “il silicone è il nuovo oppio dei popoli”.
Espressione di uno dei problemi più preoccupanti del nuovo millennio, i disturbi narcisistici e le nevrosi non sono più affrontate dallo psicologo, bensì dal chirurgo; non sono espiantate dall'interno ma solo stuccate fittiziamente dall'esterno.
Il
giornalista
Gennaro Carotenuto
espone un'interessante valutazione sull'argomento, soprattutto sulla chirurgia
plastica al naso,
anch'essa una forma di disagio, soprattutto giovanile, a causa del quale le quindicenni
decidono di affinare, di sbiancare il naso, per eliminarne i tratti meticci,
per assomigliare di più ad una razza che non è nè caucasica nè europea, perchè semplicemente non esiste, quella delle soubrette.
Non hanno ancora capito che, piuttosto che le pechugas, sarebbe ora di “rifarsi il senno”.
Non hanno ancora capito che, piuttosto che le pechugas, sarebbe ora di “rifarsi il senno”.
giovedì 2 febbraio 2012
Little Miss America: ciglia finte, ceretta e tacchi. Alla faccia dei diritti dell'infanzia.
Mi
ero già interessata in un precedente articolo del problema
dell'utilizzo inappropriato delle bambine all'interno delle
pubblicità.
Ma
l'America ci supera con il programma
Little Miss America,
un concorso di bellezza-reality per bambine
under 10, vestite e truccate come showgirls
che, invogliate dalle mamme, cercano di vincere il montepremi di 10
mila dollari e diventare le future reginette dei concorsi di bellezza
americani.Il
reportage
mostra i preparativi prima della competizione:
le bambine per l’occasione vengono depilate, truccate pesantemente,
pettinate, cosparse di crema autoabbronzante, fanno le prove per
ammiccare alla giuria, vengono intervistate ed esposte a possibili
stress ed attacchi di isteria.
Il
concorso è ovviamente diseducativo
se non anticostituzionale
per il nostro paese, perchè sicuramente non tutela il diritto di
ogni bambino a essere ciò che è, ad aspirare al gioco piuttosto che
al denaro, a saltellare tra le pozzanghere piuttosto che a
preoccuparsi di venire bene in foto con un vestito di 1000 dollari.
Anche
se il programma non nasce in Italia, non dovrebbe essere comunque
trasmesso nelle nostre reti (cosa che purtroppo avviene), dato il
contenuto altamente offensivo nei confronti della figura dell'infante
che si trova costretto a subire le
malsane voglie di genitori frustrati.
Il nostro paese deve monitorare e controllare tutto ciò soprattutto
sulla base dell'aderenza alla Convenzione
ONU sui diritti dell'infanzia
(non accettata purtroppo dalla Somalia e, appunto,dagli USA), che in
vari articoli richiama gli stati membri alla tutela in parole e
fatti.
Art. 19
Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento.
Art. 31
Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.
Art. 32
Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.
Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento.
Art. 31
Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.
Art. 32
Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.
Al di là dell'aspetto
etico-giuridico quello che desta più paura è la rappresentazione
della bambine in foto, pose, sfilate ammiccanti e maliziose,
bocconcino prelibato, lasciatemelo dire, di
spettatori insani, come pedofili o maniaci.
Il ragionamento non lo considero per nulla terroristico, dato che
queste tematiche riempiono la cronaca nera delle testate
giornalistiche.
La prova del nove? Il
terribile omicidio
della piccola miss Jonbenét Ramsey, di soli sei anni.
Volto angelico ormai conosciuto tra le
passerelle, la bimba è stata trovata morta in casa la notte di
Natale, del nastro adesivo le copriva la bocca e polsi e collo erano
legati con una corda. L'autopsia conferma la morte per
strangolamento, un grave trauma cranico e segni di abuso sessuale.
Non
a caso, gli Stati Uniti d’America risultano la nazione con la più
alta percentuale di siti pedo-pornografici e il mondo televisivo non
si risparmia con altri format come Little
Miss Sunshine
e Purity
Ball
(apparentemente
un ballo delle debuttanti,con la differenza che le fanciulle,
vestite di bianco candido, sottoscrivono,
davanti un enorme crocifisso,
una
promessa di purezza e verginità, con la quale giurano davanti a Dio
e soprattutto al padre-padrone di arrivare illibate al matrimonio).
E' disdicevole quindi che un programma
come questo sia reso visibile nelle nostre televisioni, di noi
italiani, ipotetici portatori di una cultura secolare fatta di
Costituzione, codici, convenzioni, che dovrebbe tutelare e proteggere
i diritti dell'uomo, allontanandosi da una stupida contaminazione
con un paese che non ha, sotto questo punto di vista, né storia
nè umanità sociale.
mercoledì 1 febbraio 2012
Sognando un "Autocontrol de la publicidad" italiano: le pubblicità straniere che fanno bene alle donne e non solo
Davanti allo schermo si presentano volti sempre più abituati e meno indignati al dilagare della mercificazione delle donne. Ci si chiede come, a questo punto, non possa esistere un organo di controllo. L'organo di controllo esiste eccome, in Europa come nel nostro paese. Il problema è farlo operare efficientemente, cosa che accade nella vicina Spagna, tramite l'organo di “Autocontrol de la publicidad ”. Come spiega una componente del direttivo, Chiara Fernando, è un organo voluto e pagato dagli inserzionisti pubblicitari, dalle agenzie e dai media. Solo così le pubblicità vengono controllate prima di essere trasmesse, in modo tale da non incorrere nella violazione dell'articolo 3:Utilizzo
indebito del corpo della donna, svincolato dal prodotto che si
sponsorizza; utilizzo indebito della immagine della donna stereotipata,
sottoposta ad abuso sessuale e a violenza sul campo del pudore e della
dignità. Lungi dall'essere censori, i componenti non effettuano una valutazione morale ma giuridica, così come avvenne nell'ex Ministero dell'Uguaglianza di Bibiana Aido, voluto fortemente da Zapatero, di cui Isabel Martinez era viceministro: “Noi consideriamo illecita l'immagine stereotipata della donna nella pubblicità,
che raffigura in maniera sessista una realtà solo apparente. Siamo
d'accordo con la libertà d'espressione perché è un diritto fondamentale
ma, come tale, non deve violare altri diritti inviolabili.”
Il Ministerio de Igualdad ha inaugurato un anno fa, inoltre, una rete informatica per contrastare possibili situazioni di discriminazione e per offrire appoggio e consulenza alle vittime. La ministra ha ricordato che l'iniziativa è stata realizzata in collaborazione con il Consejo para la Promoción de Igualdad de Trato y No Discriminación para las Personas de Origen Racial o Étnico. Questa rete vuole garantire a tutte le persone la possibilità di giocare un ruolo nella società, un ruolo che può diventare importante solo in una società capace di assicurare uguaglianza di trattamento e di opportunità, per garantire la coesione e l'integrazione sociale. Tutto sta quindi nel valore sentito e nel potere coattivo della legge, che nella nostra penisola purtroppo sembra solo un fantasma della storia. Auspicando in interventi e tutele migliori, riporto, dulcis in fundo, tre pubblicità che danno sorriso e positività perché raccontano una società “normale”,con parità di diritti e senza retroscena malati e distorti. Una, vincitrice del 74° posto nel Global Gender Gap Report 2010del World Economic Forumè della famosa azienda Continental sugli pneumatici, che ritrae una donna al volante, mentre bambino e marito dormono beati, fiduciosi di lei: raffigurazione contraria al banale detto maschilista “Donna al volante, pericolo costante.”
Un'altra ancora ha nazionalità spagnola,uno spot su un detersivo per lavatrice che invita gli uomini alla condivisione del lavoro domestico. Vincitrice di numerosi premi, ha il volto di 150 giovani creativi e di Juan Noncioli (direttore creativo dell'agenzia indipendente Shackleton), il quale afferma che usare donne nude per un prodotto non ha nulla di creativo, anzi rappresenta solo la scelta più facile per gente senza idee e con una visione prettamente maschilista.
Un ulteriore spot spagnolo, recentissimo made in Coca Cola, descrive una mamma tornata a casa dopo l'ennesimo colloquio andato male e un figlio che, dopo aver bevuto una Coca Cola, va a fare una “ramanzina” al capo del personale, riportandogli le referenze che lui dichiarava mancanti nella madre.
"Sono nato nell'86, da quel momento tutti in casa le abbiamo creato delle occhiaie che non nasconde, lei dice che sono il risultato dell'amore. La chiami è c'è, c'è sempre, per questo non sono diventato l'imbecille che avrei potuto essere. Riesce a far andare avanti le cose, è un genio. Dovrei ringraziare mio padre per averla scelta. Credo che siano delle buone referenze, no?"
Grazie alla consulenza di Nuria Chinchilla - esperta a livello internazionale di empowerment femminile - il gruppo ha reinventato l'immagine Coca Cola,lontana da magliette bagnate e labbra carnose, per avvicinarsi sempre più a simboli di solidità e solidarietà sociale.
Il Ministerio de Igualdad ha inaugurato un anno fa, inoltre, una rete informatica per contrastare possibili situazioni di discriminazione e per offrire appoggio e consulenza alle vittime. La ministra ha ricordato che l'iniziativa è stata realizzata in collaborazione con il Consejo para la Promoción de Igualdad de Trato y No Discriminación para las Personas de Origen Racial o Étnico. Questa rete vuole garantire a tutte le persone la possibilità di giocare un ruolo nella società, un ruolo che può diventare importante solo in una società capace di assicurare uguaglianza di trattamento e di opportunità, per garantire la coesione e l'integrazione sociale. Tutto sta quindi nel valore sentito e nel potere coattivo della legge, che nella nostra penisola purtroppo sembra solo un fantasma della storia. Auspicando in interventi e tutele migliori, riporto, dulcis in fundo, tre pubblicità che danno sorriso e positività perché raccontano una società “normale”,con parità di diritti e senza retroscena malati e distorti. Una, vincitrice del 74° posto nel Global Gender Gap Report 2010del World Economic Forumè della famosa azienda Continental sugli pneumatici, che ritrae una donna al volante, mentre bambino e marito dormono beati, fiduciosi di lei: raffigurazione contraria al banale detto maschilista “Donna al volante, pericolo costante.”
Un'altra ancora ha nazionalità spagnola,uno spot su un detersivo per lavatrice che invita gli uomini alla condivisione del lavoro domestico. Vincitrice di numerosi premi, ha il volto di 150 giovani creativi e di Juan Noncioli (direttore creativo dell'agenzia indipendente Shackleton), il quale afferma che usare donne nude per un prodotto non ha nulla di creativo, anzi rappresenta solo la scelta più facile per gente senza idee e con una visione prettamente maschilista.
Un ulteriore spot spagnolo, recentissimo made in Coca Cola, descrive una mamma tornata a casa dopo l'ennesimo colloquio andato male e un figlio che, dopo aver bevuto una Coca Cola, va a fare una “ramanzina” al capo del personale, riportandogli le referenze che lui dichiarava mancanti nella madre.
"Sono nato nell'86, da quel momento tutti in casa le abbiamo creato delle occhiaie che non nasconde, lei dice che sono il risultato dell'amore. La chiami è c'è, c'è sempre, per questo non sono diventato l'imbecille che avrei potuto essere. Riesce a far andare avanti le cose, è un genio. Dovrei ringraziare mio padre per averla scelta. Credo che siano delle buone referenze, no?"
Grazie alla consulenza di Nuria Chinchilla - esperta a livello internazionale di empowerment femminile - il gruppo ha reinventato l'immagine Coca Cola,lontana da magliette bagnate e labbra carnose, per avvicinarsi sempre più a simboli di solidità e solidarietà sociale.
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