lunedì 28 novembre 2011

Bimbe di cera e donne-calippo: ecco come gli spot di moda vedono la donna nel presente e nel futuro




Prendo il primo giornale che mi capita sottomano, IO Donna, inserto del Corriere della Sera, e inizio a contare le pagine contenenti figure femminili in posa: 89, ben 89 su 238 totali!

E' storia vecchia e risaputa che la donna sia un ormai inflazionato strumento per sponsorizzare prodotti di tutti i tipi, dallo yogurt al sigillante, ma noto con stupore quanto sia inflazionato adesso anche l'USO delle bambine. Spopola oramai in maniera terrificante l'intento a commuovere il pubblico; se era qualcosa di palese con i programmi televisivi strappalacrime, adesso l'evidenza non sfugge neanche negli spots.

I pubblicisti di 2 aziende leader nel mercato come la Mulino Bianco e la Barilla vengono pagati fior di quattrini per legare un biscotto o uno spaghetto a scene di vita familiare felici e perfette. Se è giusto e creativo andare oltre il semplice prodotto materiale, non lo è altrettanto coinvolgere i bambini, soprattutto quando vengono messi li a rappresentare stereotipi non gratificanti di uomo e donna nella nostra società poco in progresso.

Riporto due esempi riguardanti la pubblicità delle sottilette:
  • Gaia, bellissima bimba di 4-5 anni in primo piano, con indosso un paio di guanti per pulire e di fronte una pila immensa di piatti sporchi, esordisce con la faccia triste "Certo che lavare i piatti è è proprio una bella scocciatura...Ma oggi ho scoperto “sottilette...” Nel frattempo entra di corsa il fratellino pasticcione che non aiuta, si arrampica su uno sgabello e lancia un giocattolo nel lavello, schizzandole del sapone. http://www.youtube.com/watch?v=TmPjOl3PZg0
  • Sofia, cappello di paglia e filo di perle, che si lamenta col suo peluche: "Tutte le volte che c’è la partita mio marito non c’è proprio... E quando gli parlo mi fa sempre shhhhh... Ma io ho un trucco: gli preparo le mie buonissimissimissime lasagne con sottilette e tutto cambia: mi sorride pure! I soliti maschi!" http://www.youtube.com/watch?v=xwqjr-ZRBp0

Ma non è finita qui: la cosa più preoccupante è vedere le bambine diventar famose anche come modelle per le case di abbigliamento più o meno conosciute.

Prada fa parlare di sé con l'ultima immagine pubblicitaria e il relativo spot video che ritrae le due modelle tredicenni Ondria Hardin e Kelly Mittendorf che, sotto uno sfondo musicale sussurrato e languido, sfiorano il proprio corpo per svestirlo e rivestirlo. Volgarità e banalità di un famoso Steven Meisel, che non è riuscito ad andare oltre la rappresentazione di una Lolita datata anni 60.

Per parlare invece di griffe più o meno accessibili e alla portata di tutti, ho scelto, e per questo messo come foto in primo piano, l'esaustiva immagine di SilvianHeach.

Questa non fa altro che propormi delle bimbe di cera, ingrigite da un ambiente privo di giochi, dove una mi fissa e non sorride, sciolta da ogni naturalezza e purezza infantile, e un'altra , peggio ancora, posa elegantemente con lo sguardo altrove, consapevole di un fascino e di una malizia non appartenente alla sua giovane età.
Sono queste le future “donne-calippo”?
Ecco come una delle tante aziende di abbigliamento ci presenta la donna nel presente e nel futuro.
Confortante, vero?

martedì 22 novembre 2011

Donatella Versace per H&M: paura delle donne vere e deliri d'onnipotenza senile




Donatella Versace, un nome che ha dentro una storia, un'eredità, un'azienda, un brand.
Volto noto del mondo della moda, la stilista è recente oggetto di attenzione per il temporaneo sodalizio creato con la casa di abbigliamento H&M, brand svedese conosciuto tra i giovani e apprezzato per la creatività a basso costo.
Eppure Donatella un tempo sentenziò: "Non collaborerò mai con un brand di fast fashion".
Il “matrimonio” fugace, segno quindi di una vistosa retromarcia, ha portato all'uscita il 17 novembre di una linea Versace all'interno degli store H&M, collezione che sarà "la quintessenza di Versace” ma- garantisce- a prezzi più “bassi”.

Nulla da dire sugli abiti presentati in anteprima durante una sfilata a New York e nulla da dire sul prevedibile party sfarzoso pieno di vip d'eccezione.
Quello che fa storcere un po' il naso è la palese presuntuosità e altezzosità di una stilista in netto contrasto con lo stile decisamente democratico di H&M e di Margaretha Van Den Bosch, suo creative advisor.
La Versace infatti si è rifiutata di usare donne reali per la propria linea. Dopo aver progettato in collaborazione con il New York Daily News uno shooting fotografico con tre giovani neolaureate newyorkesi, la stilista ha comunicato tramite un suo rappresentante, che ha cancellato il servizio fotografico, di aver cambiato idea, perché non incarnanti lo spirito del brand. Ma quante retromarce!
Giustamente il Daily News risponde: Apparently, “real” doesn’t work for the 56-year-old bottle-blond designer with the bee-stung lips (Apparentemente ciò che è “reale” non può funzionare per una vecchia stilista 56enne con le labbra punte da un'ape).
BANG!

Comunque spero che con questo episodio una giovane parte di New York rimanga contrariata a lungo con lei, quella stessa clientela che lei presuntuosamente diceva di conoscere bene.

I know this customer. I know what they want.”
Really Donatella???

Ma andiamo avanti perché purtroppo non è questo l'unico motivo per cui oggi mi cimento a parlare di moda e nasi all'insù.
Donatella Versace ha infatti costruito intorno alla linea una pubblicità di impatto.
I personaggi sono sempre gli stessi, modelle quattro ossa, con pelle bianco-porcellana.
La novità, però, sta nell'ambientazione, una serie di scene, espressione del fenomeno del controllo mentale: le ragazze escono da un nastro trasportatore come manichini prodotti in serie, a immagine e somiglianza della stilista, sotto il suo occhio vigile, ripetuto a mosaico su tutte le pareti; come criceti su una ruota, come pedine in balia dei labirinti e delle scale tipiche della pittura di Escher. (Guarda qui alcune immagini) 

Dubito che la stilista sia una fanatica di Orwell e del suo Ninteen Eighty-Four e che abbia voluto riprodurre un'atmosfera da “Big Brother is watching you”.
Forse la piccola Donatella non ha mai avuto una casa delle bambole tutta per sé nell'infanzia, perché di questo si tratta: bambole controllate e rinchiuse in gabbia, manichini manipolati da un “handler”, un supremo controllore.
Lo spot sembra spiegare e, purtroppo, confermare che ciò che avviene nel backstage di una passerella non è semplicemente creare abiti e vestire dei corpi, ma manovrare delle persone e svuotarne la personalità.

L'handler è proprio Donatella Versace che, come un dio coi suoi deliri di onnipotenza, a fine spot, dalla sua torretta di controllo, esclama fieramente un motto che si appresta a divenire il triste tormentone di un pezzo dance:
My house, my rules, my pleasure”
La mia casa, le mie regole, il mio piacere.

Ecco, senza offesa Donatella, facci un piacere: statti a casa tua!

giovedì 10 novembre 2011

Il Calendario delle Studentesse: i “manichini senza storia” di una missione sociale incompiuta



Il Calendario delle Studentesse è un progetto nato nel 2007 ed è diventato oggi un vero e proprio cult seguito dai principali networks nazionali e ambito dai collezionisti...Abbina da sempre il perseguimento di una missione sociale...un medium finalizzato a incentivare la sensibilizzazione dell'opinione pubblica su tematiche di interesse generale.”

Così recita la presentazione del Calendario delle Studentesse nel relativo sito di appartenenza, dal mio punto di vista non scevra da obiezioni e pareri contrastanti.

Se il calendario da una parte vuole valorizzare determinati argomenti di interesse pubblico, come l'anoressia o il made in Italy, dall'altra lo fa sminuendo i soggetti che utilizza (ed il termine è letteralmente esatto) per arrivare al suo intento.

Il calendario dal 2007 immortala, infatti, 12 studentesse italiane tra i 18 ed i 30 anni provenienti da tutti gli atenei, in pose poco creative, che confezionano alla fine sempre il solito “calendarietto per camionisti”.

Il progetto sembrava esser partito bene con il tema sulla sicurezza stradale, dove le ragazze si presentavano normalmente VESTITE da capo a piedi.

Col passare degli anni e, ahimè, con l'evolversi ormai di una concezione culturale distorta che sta contagiando ogni settore, iniziativa, progetto, i calendari si sono sempre più “scoperti”e hanno proposto, ad esempio, per l'edizione “I colori del cibo, ragazze in costume o sottane sgargianti, tutte stese su una piattaforma, come cibo esposto su vassoi.

Il culmine viene raggiunto con l'edizione Rinascimento tecnologico, dove ad ogni mese corrisponde una ragazza ripetutamente proposta in minishorts o bikini, presentando foto per nulla attinenti alla tematica. Tutt'al più perché il calendario delle studentesse 2009 di Fabrizio Cappella e Paolo Castaldo è nato per “cause politiche”, in risposta a quello delle universitarie che si sono spogliate per difendere la riforma Gelmini.

Anche se il primo si presenta in maniera sfacciata e volgare, il secondo non sembra aver adottato il metodo giusto per distinguersi, se non per ribadire quanto ormai sia difficile tener vestite le ragazze.

Calendario studentesse pro-Gelmini: http://www.studenti.it/foto/universita/g/calendario-delle-studentesse-pro-riforma-gelmini/

Calendario studentesse anti-Gelmini: http://www.studenti.it/foto/universita/g/calendario-delle-studentesse-anti-riforma-gelmini/

Dulcis in fundo, "Italians do it better", titolo dell'edizione 2011, affronta il tema del Made in Italy. Con quest'ultimo lavoro si è voluto quindi risaltare il patrimonio artigianale e artistico italiano che è riuscito a competere in ambito internazionale: dalla moda all'architettura, dalla cultura all'arte e al teatro. All'interno dei dodici scatti, voluti per rappresentare l'Italia come “icona internazionale di genio, creatività e bellezza”, non sembra scorgersi quell'intento di sensibilizzazione sociale tanto propagandato, dato che le sedici studentesse sono state messe semplicemente come belle statuine in luoghi simbolo del successo nostrano (Fontana di Trevi, Piazza di Spagna a Roma, Venezia etc...). Addirittura una ragazza in mini abito nero viene “incaprettata” e messa su un binario di un treno, con seri dubbi sul significato dello scatto.

In buona sostanza, sono come dei manichini senza storia.

E' stato sempre chiamato Calendario delle Studentesse, senza mai evidenziare il valore di queste ragazze, il loro studio, i loro interessi, il loro essere sociale... ci si limita, come sempre, a somministrare una buona dose di corpo.

Allora perché non chiamarlo semplicemente Calendario?

Insomma, alla fine sembra che gli italiani, si, siano i migliori…nel raccontare sempre la stessa, banale, noiosa storia.

E chi ne vuole far parte per il 2012? Le selezioni sono aperte!

lunedì 7 novembre 2011

Miss Representation: anche in America un documentario e una campagna contro la rappresentazione stereotipata delle donne sui media


Anche in America è stato prodotto un  
interessante documentario contro la rappresentazione stereotipata delle donne sui media. Si chiama Miss Representation e, come il documentario tutto italiano “Il corpo delle donne” realizzato nel 2009 da Lorella Zanardo, denuncia la superficiale e distorta rappresentazione femminile nei media.

Il docufilm è stato presentato ad inizio anno al Sundance Film Festival e la premiere trasmessa il 20 ottobre su OWN Ophra Winfrey Network.

Scritto, diretto e prodotto da Jennifer Siebel Newsom (attrice e filmmaker), il film spiega come televisione, musica, videogames, pubblicità e riviste made in Usa, formino insieme un'industria di messaggi sessisti e stereotipati.

Nel cast ci sono numerosi personaggi del mondo della politica, del giornalismo e dell’entertainment, come Marissa Mayer di Google, Rosario Dawson, Geena Davis, Nancy Pelosi e Condoleezza Rice.

Come ha sottolineato la Zanardo in una delle sue rare apparizioni nel piccolo schermo, la televisione resta ormai l'unico “agente di socializzazione” efficace nella nostra società, che veicola in maniera diretta ed efficace messaggi poco incoraggianti, i quali andranno a formare nei giovani pensieri e bagaglio culturale estremamente poveri e limitati. E' molto preoccupante, quindi, come si stia formando l'educazione di ragazzini sempre più esposti, senza filtri, a immagini del genere.

Nel documentario vengono citati dati statistici rilevanti:
  • Le donne americane sono il 3% nelle posizioni chiave dell’editoria, entertainment, pubblicità e telecomunicazioni.
  • Su 250 film di successo, solo il 7% dei registi è donna e, tra gli autori, le donne sono il 13%.
  • Le donne costituiscono il 51% della popolazione americana, ma solo il 17% occupa dei seggi nel Parlamento.
  • Tra il 1997 e il 2007 la chirurgia estetica su ragazze di meno di 18 anni è triplicata.
  • Nello stesso periodo gli interventi di liposuzione sono quadruplicati e si è verificato un incremento di 6 volte delle mastoplastiche additive.
  • Il 65% delle donne e delle ragazze americane soffre di disturbi alimentari.

Miss Representation” nasce quindi per offrire una call-to-action campaign, che mira a far si che le ragazze prendano coscienza della loro identità sociale, spingendole a frantumare le gabbie stereotipate di bellezza e sensualità per trovare una loro posizione e un loro ruolo nel mondo in cui vivono. Mondo che non risparmia nessun paese, nessuna donna, perché l'exploitation del corpo femminile esiste ovunque, non ha confini, e viene combattuto sempre più, soprattutto quando si trasforma in violenza (registrata in proporzionale aumento con il crescere di questo fenomeno).

Azzeccato quindi il motto del film che recita “You can't be what you can't see”.

Ma Miss Representation non è solo un film. E' anche una campagna con diverse iniziative.

Potete trovarle tutte al seguente indirizzo: http://missrepresentation.org/take-action/

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