"Mi chiedo come si possa criticare un programma senza averlo ancora visto."
Visto che il programma è andato in onda per la prima volta questo pomeriggio alle 14.30, possiamo dire "finalmente" di averlo visto, per 30 minuti - per quanto mi riguarda - abbondanti e difficili da sostenere.
Il programma difeso dalla Vice, che è anche Content Manager e che quindi è fautrice e responsabile del contenuto dei programmi di Real Time, si è rivelato per ciò che era, anche perchè il promo, come già evidenziato, era molto chiaro e non lasciava presagire altro.
Per chi se lo fosse perso, ecco una mini descrizione della prima puntata.
Il format è uguale a quello già visto nella versione adulta: la stylist, Carla Gozzi, armata di sarta, si introduce a casa per esplorare l'armadio della bambina/teenager e creare "outfit giusti per tutte le occasioni". In seguito alla formazione di ogni outfit, viene fatta una piccola "sfilata" per far vedere il risultato alla mamma.
L'atteggiamento di Carla Gozzi, seppur candido e sereno, non risparmia frasi e consigli che, quando non sono sessisti , dall'inutilità sfiorano quasi il ridicolo ("al cinema spegni il cellulare"; "in classe raccogli i capelli con un elastico").
La ragazzina, di fronte a magliettine smanicate, viene vestita dalla Gozzi a strati (alla omino Michelin) con maglie sovrapposte per evitare di lasciare pelle scoperta in determinate zone. Sembra vedere l'illustrazione del manuale della brava ragazzina, la quale deve assolutamente evitare ciò che è "too much", quasi a scongiurare l'attenzione di qualche malintenzionato.
"Ma ce la metti tutta ad uscire con il pancino scoperto. Aspetta che ti chiudo la camicia."
"Bisogna sapersi comportare nella società, non si parla all'orecchio!"
"Nooo Matilde! Questo abito è troppo da adulta"
Della visione sociale della funzionalità del programma in tal senso, con vestiti antipedofilia e antistupro, ne avevo già parlato in un altro post.
Degno di nota, in questa puntata, è inoltre la ricerca dello stile giusto per andare al cinema a vedere un film horror "coi maschietti", unico momento in cui la stylist propone un vestitino nero a gonna con collant, immaginando la ragazza spaventata con le ginocchia sulla sedia (questo si che è bonton!).
La scelta dei vestiti viene fatta rigorosamente nella cameretta della ragazzina, senza la presenza della madre, la quale resta in disparte e ha il solo scopo di approvare gli outfit mostrati con una sfilata. Ciò è contrario rispetto a quanto garantito dalla Carafoli: "Accanto alle ragazzine ci saranno sempre le madri."
Parentesi: la mamma che, alla sua età, dice "Ora si che può andare a SCUOLA CON STILE" è la scena più ridicola e frustrante di tutte. Pensasse a farla studiare.
Ad ogni modo, resta sempre aperta la problematica, delineata nel dettaglio precedentemente, relativa alla totale assenza di intento educativo, utilità sociale e culturale, rispondenza alle "principali necessità del minore", incentivo alla indipendenza e autostima dello stesso.
Molte obiezioni alla petizione, compresa quella della Vice Presidente, vertevano sul fatto che il programma non raffigura il minore intento all'acquisto di altri prodotti, ma lo educa al riutilizzo di ciò che ha nell'armadio ("non insegnerà loro a diventare delle fashioniste consumiste ma a vestirsi al meglio usando i capi che hanno già nel loro guardaroba").
Devo però ricordare che io non ho mai detto che il programma incita i minori allo shopping, riferendomi invece alla nostra società e, semmai, al canale in toto di Real Time.
nostra società che continua ancora a dipingere la donna con i
tratti della perfetta donnina di casa, di una maniaca dello shopping
compulsivo - See more at: http://ladonnaobsoleta.blogspot.it/2013/08/real-time-guardaroba-perfetto-kids.html#sthash.GT6HlguT.dpuf
(...nostra società che continua a dipingere la donna con i tratti della perfetta donnina di casa, di una maniaca dello shopping compulsivo)Secondariamente, il fatto che venga ripresa una ragazza intenta al riutilizzo si, ma di specifici capi però, non esclude che il minore-spettatore, mente influenzabile facilmente ricordiamolo, decida di volere e quindi comprare quel capo che magari non ha nel suo guardaroba-non-perfetto.
Insomma, Laura Carafoli non si era già difesa bene precedentemente, ma non poteva di certo trovare difesa migliore con la messa in onda di un programma che già dal promo non presagiva nulla di buono e che, a fortiori, si è rilevato un fallimento.
Ma davvero il femminismo ha portato a questo? Una donna che cura il suo abbigliamento e il suo aspetto esteriore è per forza ignorante e superficiale? Si parla di libertà, ma i toni di questi articoli esprimono tutt'altro! Per me libertà è poter essere la donna che voglio e lo stesso auspico per mia figlia. Non è possibile che una donna che sceglie di restare a casa a fare la casalinga venga giudicata retrograda o quella che sceglie di non figliare venga additata come egoista. Il panorama televisivo offre quanta più varietà possibile, se qualcosa non piace è sufficiente cambiare canale. Se avete paura che i vostri figli vengano in qualche modo turbati dal contenuto dei programmi sarebbe cosa buona e giusta vigilare su ciò a cui assistono ed eventualmente fornire adeguate spiegazioni. Anche se non vedo come il programma in questione possa influenzare le ingenue giovani menti dei fanciulli più di quanto non facciano le pubblicità di giocattoli. Oltretutto mi sento abbastanza offesa dal fatto che ci siano un pugno di persone che si sentano in diritto di decidere cosa io e mia figlia possiamo o non possiamo guardare, secondo quale criterio poi non si sa. La messa in onda di un programma non pone alcun obbligo da parte del fruitore di assistervi, mentre la sua cancellazione impedisce la visione a quanti lo avessero voluto(ehh già, perchè esistono anche persone che non la pensano come voi, il mondo è bello perchè è vario!). Trovo, inoltre, ridicolo che le stesse persone che parlano con disprezzo della censura si ergano loro stessi a censori e revisori di ciò che è moralmente ed eticamente accettabile. Che il canale Real Time sia un canale implicitamente rivolto ad un pubblico femminile è innegabile, d'altronde c'e n'è uno uguale che si rivolge agli uomini (DMax). Io e mio marito guardiamo entrambi, visto che nessuno vieta ad un uomo di guardare Clio makeup e nessuno vieta ad una donna di guardare Top Gear. Quanto alla parità dei sessi sono d'accordo fino ad un certo punto. Mio marito ha il pisello e io ho la patata. Siamo obiettivamente diversi! Io adoro lo shopping, lui no, io ho paura dei ragni, lui no, io vado dall'estetista e lui si ripara l'auto da solo. Saremo stereotipati? Forse. E' la società che ci ha fatto diventare così o sono i cromosomi? Non lo so. Ma non facciamo del male a nessuno (se non ai ragni e ai meccanici). Mia figlia gioca con le macchinine e con le bambole. Si mette lo smalto perchè lo mette mamma e vuol farsi la barba perchè lo fa papà. Io voglio insegnare a mia figlia che finchè non danneggia altre persone può essere libera di essere tutte le donne che vuole!
RispondiElimina"non è possibile che una donna che sceglie di restare a casa a fare la casalinga venga giudicata retrograda o quella che sceglie di non figliare venga additata come egoista"
RispondiEliminaQuesto, Signora Antonella, lo ha detto lei. nei toni dell'autrice dell'articolo non ritrovo niente di offensivo, nessuna critica a chi sceglie la vita da casalinga. L'autrice critica la comunicazione mediatica che inevitabilmente assegna ad ogni sesso predeterminati aspetti di interesse.
mi spiego meglio: perché un programma di cucina deve per forza essere rivolto solo ad un pubblico femminile? perché nelle pubblicità di prodotti di pulizia della casa sono sempre le donne protagoniste? perché automaticamente l'interesse allo shopping diventa peculiarità femminile ed, anzi, elemento identitario di una donna?
Io non guardo la televisione e certamente imporrò ai miei figli di limitarne l'uso. ma questo non significa che non subiranno le influenze che la tv (per esempio) veicola.
ricordo quando, da piccola, certe bambine della mia classe non conoscevano determinati cartoni animati, o giocattoli. alcune di loro non indossavano vestiti o accessori per bambini visti in televisione (se le ricorda le scarpe lelly kelly?). Questa bambine si trovavano alla fine tagliate fuori. i genitori avevano deciso di educarle evitando ciò che credevano superfluo o diseducativo. Io avevo giocattoli di moda, guardavo la tv, i miei genitori mi hanno sempre insegnato la tolleranza, l'uguaglianza, tutti i migliori principi sociali. Eppure bastava una pubblicità, un programma (per me era "non è la rai" peraltro proibito in casa mia, guardato quindi di nascosto, magari a casa di amici) a darmi una visione distorta dei rapporti, delle priorità. e, certamente, non ho una personalità debole, ero una bambina tosta! con questo esempio cerco di di dire che "cambiare canale" equivale ad aggirare il problema, a voltare la testa. Apprezzo moltissimo, invece, chi cerca di individuare un problema e cerca di porvi rimedio, motivando - in questo caso direi efficacemente - la natura dello stesso, non preoccupandosi oltretutto solo per i PROPRI figli, ma per una generazione, per un sistema di valori.
se si sente privata di un diritto proponga anche lei una petizione per mantenere la messa in onda del programma, che altro posso proporle...
se crede che sia esclusivamente per via di quella sua "patata" che compie certe scelte, guarda certi programmi, ha indosso un maglione di determinata fattura e colore non si illuda: non è tutta farina del suo sacco. Altrimenti non si spiegherebbe perché i nostri padri girassero con i capelli cotonati o con il ciuffo davanti, i pantaloni con le pence scampanati, gli stivaletti a punta, la camicie con il colletto fino all'orecchio. Le pare?
e un ultima cosa: lei parla di "contrari alla censura che fanno i censori" "quelli che non la pensano come voi". perché, "noi" chi siamo? le femministe? i comunisti? i fricchettoni? così, giusto per capirci.
"se crede che sia esclusivamente per via di quella sua "patata" che compie certe scelte, guarda certi programmi, ha indosso un maglione di determinata fattura e colore non si illuda: non è tutta farina del suo sacco"
Eliminasiamo tutti un mix di natura cultura e storia ma ciò jon vuol dire che siamo incapaci nel bene e nel male di decidere. Ci sono tanti modi più o meno diffusi di vivere virilità e femminilità, ma tutti legittimi e nessuno più o meno "autentico" di un altro
Ringrazio Antonella per il suo punto di vista e anche perché consente di far presente alcune cose, sempre a mio parere ovviamente: è vero, la pubblicità è estremamente fuorviante e infatti a casa dei miei e mia si cambia canale per non vederla. Ma perlomeno è una comunicazione espressamente commerciale, cioè non si pone fini diversi da quelli della vendita del prodotto/servizio pubblicizzato. E’ come con i quotidiani, ad es. Il Manifesto e Il Giornale: sapendo che il primo è di sinistra e il secondo è di (una certa) destra, si ha la possibilità di valutare con occhio critico ciò che riportano, quantomeno ciò è possibile per quelle persone cui è stato insegnata la visione critica delle cose. Al contrario programmi come Il Guardaroba Perfetto si spacciano come culturali e non lo sono perché educare a come scegliere i vestiti non può essere uno scopo costruttivo per una bambina o adolescente. Il concetto di bellezza, la capacità di valutare ciò che piace, ciò che è bello per il mondo e ciò che è bello per se, passa per altre e più ampie vie che sì, sono culturali: mostre d’arte, viaggi, ascolto, concerti, libri, poesie, fotografie, la vita reale, insomma.
RispondiEliminaDal sito del programma http://ladonnaobsoleta.blogspot.it/2013/09/guardaroba-perfetto-kids-post-puntata.html leggo oggi: "Un modo divertente e colorato per insegnare i primi segreti di stile a queste fashion-victim in erba." Cioè si propongono proprio di crescere e far sviluppare vittime della moda che altrimenti, magari senza aiuto, non diventerebbero fashion victim o lo diventerebbero senza gusto. Lo dicono in maniera candidamente esplicita. Prese da bambine, è più facile. Ma da che parte stanno?? Della cultura, come asseriscono o del consumismo?
Infine noto con un po’ di tristezza che crede che ci sia solo questo “pugno di persone” che si sente in diritto di decidere cosa lei e sua figlia possano vedere (il che non è vero in quanto si tratta solo di un punto di vista sostenuto pubblicamente), ma non si accorge che altri, molti altri, senza nemmeno porsi il problema di essere in diritto o no, lo fanno e basta, per giovani e adulti, scelgono sulla base di audience e di contratti pubblicitari. Come mai accetta serenamente quello e contesta attivamente questo, più democratico e aperto al contraddittorio?
Bè, non mi sembra che il canale televisivo in questione si proponga come scopo l'educazione o la cultura. Non si sta certo parlando di Superquark. Stiamo parlando di tempo libero, qualcosa che, a parer mio, può essere considerato, perchè no, frivolo. Io parto dal concetto di fondo che la televisione non vada considerata come fonte di verità assolute, ma come un piacevole passatempo quando proprio non c'è null'altro da fare. Inoltre il messaggio del programma è "facciamo in modo che le bambine riescano ad andare a scuola in modo da non sembrare delle ballerine brasiliane", non "educhiamo i giovani a maneggiare un mitra". Quello che ci tengo a sottolineare è la leggerezza del programma. Nessuno impone nulla. Comunque non mi sembra una brutta cosa spiegare ai ragazzi che c'è modo e modo di conciarsi, tanto più che i consigli da quanto ho visto rasentavano, almeno per me, l'ovvietà. Niente di più di quanto una madre potrebbe suggerire alla propria figlia, ma evidentemente la madre in quel caso non aveva tempo, voglia o capacità di spiegare queste cose alla figlia. O molto più semplicemente una tredicenne ascolta più volentieri i consigli di una guru di moda che parla in tv piuttosto che quelli della propria madre. Sempre meglio che seguire i consigli della compagna di banco con 18 piercing e i capelli viola. Perchè la 13enne senza tv e con tutto il carattere del mondo gli occhi ce li ha e, salvo pochissime eccezioni, le bambine (molto più dei maschietti) sono per natura conformiste. Se non è la tv è l'amica, poco da fare. Che facciamo? Diciamo anche chi può o non può frequentare?
RispondiEliminaNon ho notato nomi di marche, firme o qualsiasi prodotto all'interno del programma, men che meno alcun suggerimento all'acquisto di altri capi oltre a quelli già presenti nell'armadio della bambina, che con l'occasione è stato anche messo in ordine per giunta!
La frase "evitare ciò che è "too much", quasi a scongiurare l'attenzione di qualche malintenzionato", mi sembra un po' un'esagerazione. Si sta parlando del minimo della decenza, ombelico di fuori e gonne giropassera per andare a scuola, su una bambina di 13 anni?!! Scusate, ma ha ragione la Gozzi!
Un'altra frase che non mi è piaciuta per niente è questa "Ora si che può andare a SCUOLA CON STILE" è la scena più ridicola e frustrante di tutte. Pensasse a farla studiare.". Che vuol dire? Qualcuno ha mai messo in discussione il rendimento scolastico della bambina? E' mai stato detto "vai a fare shopping invece di stare sui libri"? Per andare bene a scuola devo vestirmi di stracci? Se il mio armadio è pieno non vuol dire che la mia testa sia vuota!
Matrona: io con Non è la Rai ci ho passato l'adolescenza (immagino che avrai circa la mia età) e mi vestivo precisa uguale! La mia sete di omologazione è sempre stata assecondata, fino a quando non ho trovato la mia identità e il mio gusto personale. Non ho avuto traumi o shock emotivi. La mia passione per lo shopping e per le mode passeggere non mi ha impedito di diventare architetto. Ho un armadio pieno di scarpe e scaffali pieni di libri. Entrambi in continuo divenire.
Infine per rispondere alla tua domanda Matrona, quando parlavo di "voi" intendevo molto semplicemente l'autrice del blog e tutte/i coloro che hanno ideato e firmato la petizione. Non fricchettoni/ femministe/ comunisti (questo lo sono anch'io per altro), non saprei, come si definisce una persona che pensa di sapere cosa è giusto o sbagliato per tutti? Presuntuosa?